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La sfinge
Hippotion celerio
Erano circa le otto di una bellissima mattina di fine settembre. L′aria un po′ frizzante dei primi, timidi passi autunnali era tersa.
Come tutti i giorni facevo colazione sotto la pergola d′uva. Se non piove mi piace cominciare la giornata all′aperto, di fronte al mio giardino mediterraneo. Dolce fatto in casa, tè nero e latte di riso. Dai pampini a volte qualche formica scivola e tenta il suicidio nella mia tazza: la aiuto a venirne fuori e le spiego che la vita può comunque avere i suoi lati positivi.
Quella mattina, però, nella tazza cadde qualcos′altro. Non galleggiava. Poco dopo la cosa si ripetè. Col cucchiaino provai a tirare fuori quello che era caduto nel liquido. Non mi riuscì. Bevvi il contenuto della tazza, sul fondo due minuscoli cilindretti... Li guardai bene. Sembravano escrementi di bruco... ma erano piuttosto grandi... spostai lo sguardo sul pavimento... decine di cilindretti identici occupavano un paio di mattonelle: erano escrementi di bruco. Dalle dimensioni dei cilindretti si poteva facilmente supporre che fosse un super-bruco. Montai su uno sgabello e aguzzai la vista. Lo vidi intento a rosicchiare con metodo instancabile una foglia di vite. Staccai la foglia delicatamente, non smise di rosicchiare, neanche quando lo infilai in un grosso barattolo di vetro. Individuai altri due bruconi meno grossi di lui con lo stesso sistema: guardando sulla mia testa dopo aver individuato i cilindretti a terra. Insieme ai tre divoratori misi nel barattolo un po′ di rametti teneri di vite e lo coprii con un pezzetto di stoffa tenuto da un elastico sulla bocca del barattolo.
A questo punto volevo sapere il nome dei miei ospiti. Non fu facile. Ho parecchi manuali sulle farfalle ma nessun classificatore. Inoltre, cosa ancora più complicata, avevo il bruco e non la farfalla. Cerca, cerca, cerca. In un volumetto trovo un bruco assimilabile al mio ma molto più scuro; il mio era verde, l′illustrazione lo mostrava giallo e marrone. Era il bruco della Sfinge della vite (Pergesa elpenor o Deilephila elpenor). Mi convinco che può essere proprio quello quando, dopo alcuni giorni, il bruco più "grande" diventa quasi marrone prima di fermarsi e impuparsi. La stessa cosa accade agli altri due bruchi. A questo punto ho aperto il vaso, per evitare che nel momento dello sfarfallamento le mie sfingi potessero rimanere prigioniere e sciuparsi le ali.
Passano i giorni e un mattino entro nello studio e vedo, sullo scaffale di fronte alla scrivania, una bellissima sfinge! Emozionata come tutte le volte che una farfalla "nasce" aiutata dalle mie premure, mi avvicino e la guardo mentre muove piano le ali. Deve essere uscita da poco dallo stadio di crisalide ed essersi arrampicata su per la libreria usando solo le zampe. Il delicato movimento che esegue significa che ha da poco dispiegato le ali e le sta asciugando. Ho tutto il tempo di osservarla e di accorgermi che non è una Sfinge della vite! La fotografo e riprendo i miei manuali. Mi confermano che non c′entra nulla con la mia prima ipotesi. La Sfinge della vite ha delle parti rosa che la mia sfinge non ha.
Un disegno del manuale della Muzzio, confrontato con la foto ingrandita sul monitor, mi fa sperare di aver finalmente trovato il nome della specie a cui appartiene: Hippotion celerio. Il disegno però è piccolo e non chiarissimo. Una ricerca su Internet mi conferma l′ipotesi. Vengo a sapere anche la mia Ippotione è di origine tropicale (Asia e India), ma che si spinge fino al Nord-Europa e che il suo bruco vive di preferenza sulle vitacee. La cartina di riferimento la segnala anche nel nord Sardegna. La documentazione mi dice che la mia splendida sfinge è abbastanza rara e che è stata classificata dallo zio Linneo nel 1758.
Ho risolto il mistero della sfinge!!!
Mentre chiudo questa pagina, che si riferisce all′ottobre del 2009, è di nuovo ottobre e in un barattolo "riposano" quattro crisalidi identiche a quelle dello scorso anno, segno che le Ippotioni hanno trovato il mio giardino di loro gradimento...ne sono onoratissima!
Come tutti i giorni facevo colazione sotto la pergola d′uva. Se non piove mi piace cominciare la giornata all′aperto, di fronte al mio giardino mediterraneo. Dolce fatto in casa, tè nero e latte di riso. Dai pampini a volte qualche formica scivola e tenta il suicidio nella mia tazza: la aiuto a venirne fuori e le spiego che la vita può comunque avere i suoi lati positivi.
Quella mattina, però, nella tazza cadde qualcos′altro. Non galleggiava. Poco dopo la cosa si ripetè. Col cucchiaino provai a tirare fuori quello che era caduto nel liquido. Non mi riuscì. Bevvi il contenuto della tazza, sul fondo due minuscoli cilindretti... Li guardai bene. Sembravano escrementi di bruco... ma erano piuttosto grandi... spostai lo sguardo sul pavimento... decine di cilindretti identici occupavano un paio di mattonelle: erano escrementi di bruco. Dalle dimensioni dei cilindretti si poteva facilmente supporre che fosse un super-bruco. Montai su uno sgabello e aguzzai la vista. Lo vidi intento a rosicchiare con metodo instancabile una foglia di vite. Staccai la foglia delicatamente, non smise di rosicchiare, neanche quando lo infilai in un grosso barattolo di vetro. Individuai altri due bruconi meno grossi di lui con lo stesso sistema: guardando sulla mia testa dopo aver individuato i cilindretti a terra. Insieme ai tre divoratori misi nel barattolo un po′ di rametti teneri di vite e lo coprii con un pezzetto di stoffa tenuto da un elastico sulla bocca del barattolo.
A questo punto volevo sapere il nome dei miei ospiti. Non fu facile. Ho parecchi manuali sulle farfalle ma nessun classificatore. Inoltre, cosa ancora più complicata, avevo il bruco e non la farfalla. Cerca, cerca, cerca. In un volumetto trovo un bruco assimilabile al mio ma molto più scuro; il mio era verde, l′illustrazione lo mostrava giallo e marrone. Era il bruco della Sfinge della vite (Pergesa elpenor o Deilephila elpenor). Mi convinco che può essere proprio quello quando, dopo alcuni giorni, il bruco più "grande" diventa quasi marrone prima di fermarsi e impuparsi. La stessa cosa accade agli altri due bruchi. A questo punto ho aperto il vaso, per evitare che nel momento dello sfarfallamento le mie sfingi potessero rimanere prigioniere e sciuparsi le ali.
Passano i giorni e un mattino entro nello studio e vedo, sullo scaffale di fronte alla scrivania, una bellissima sfinge! Emozionata come tutte le volte che una farfalla "nasce" aiutata dalle mie premure, mi avvicino e la guardo mentre muove piano le ali. Deve essere uscita da poco dallo stadio di crisalide ed essersi arrampicata su per la libreria usando solo le zampe. Il delicato movimento che esegue significa che ha da poco dispiegato le ali e le sta asciugando. Ho tutto il tempo di osservarla e di accorgermi che non è una Sfinge della vite! La fotografo e riprendo i miei manuali. Mi confermano che non c′entra nulla con la mia prima ipotesi. La Sfinge della vite ha delle parti rosa che la mia sfinge non ha.
Un disegno del manuale della Muzzio, confrontato con la foto ingrandita sul monitor, mi fa sperare di aver finalmente trovato il nome della specie a cui appartiene: Hippotion celerio. Il disegno però è piccolo e non chiarissimo. Una ricerca su Internet mi conferma l′ipotesi. Vengo a sapere anche la mia Ippotione è di origine tropicale (Asia e India), ma che si spinge fino al Nord-Europa e che il suo bruco vive di preferenza sulle vitacee. La cartina di riferimento la segnala anche nel nord Sardegna. La documentazione mi dice che la mia splendida sfinge è abbastanza rara e che è stata classificata dallo zio Linneo nel 1758.
Ho risolto il mistero della sfinge!!!
Mentre chiudo questa pagina, che si riferisce all′ottobre del 2009, è di nuovo ottobre e in un barattolo "riposano" quattro crisalidi identiche a quelle dello scorso anno, segno che le Ippotioni hanno trovato il mio giardino di loro gradimento...ne sono onoratissima!